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«Poco incline alle rime e alle assonanze, Marigo gestisce i suoi piccoli impianti metrici puntando più sul contrasto e sull'interruzione ritmica che sull'armonia del verso isocrono. Più volte infatti al brusco succedersi di versi lunghi (talvolta endecasillabi perfetti, talvolta ipermetri, o endecasillabi privi di accenti) e versi più brevi, senari e settenari - e fino a far "suonare" un endecasillabo con un quinario - si affida il ricordo di quel blocco del respiro, di quell'istante di irripetibile fusione dell'io nell'armonia del mondo. Perché di questo si tratta: di un'armonia quale raramente si coglie fra mente corpo e natura, fra infinitamente piccolo e infinitamente grande, fra attimo e eterno, in una sapiente unione di un rinnovellato "Sentimento del tempo" con un luminoso "sentimento dello spazio"». (Dalla Postfazione di Andrea Matucci)